“La costola di Adamo”

Sfinge Eugenia Cordonchi Argeli, a cura di Jessy Simonini, Fernandel editore 2024

La costola di Adamo è un romanzo (uscito per la prima volta nel 1918 per l’editore Treves) che innesta la finzione narrativa nei fatti che agitano Ravenna dagli inizi del 1900 fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Protagonista è Andrea Norbani, venuta su come un uomo (l’ambiguità del nome lo certifica) e introdotta dal padre alla professione di medico.
L’incipit, giocato sull’ambiguità, solleva diverse questioni, in primis accende il dubbio sul genere di questo personaggio: viene declinata al femminile, chiamata per nome (Andrea) e definita medico. Poi arriva lo svelamento e si racconta di come la medichessa Norbani non sia soltanto d’aspetto androgino: capelli corti, un’aria indefinita da adolescente pensoso, ma anche che, alla soglia dei trent’anni, non abbia mai conosciuto l’amore, viva sola, accesa dallo scrupolo per la professione e la passione politica, scelte di vita, queste ultime inculcate dal padre, che la vedono continuamente attorniata da uomini, protagonista in attività tipicamente maschili.
Di una bellezza mascolina, di carattere serio e poco incline ai sentimentalismi, Andrea si ritrova, per cultura e fascino, a guidare la campagna elettorale che vede i due principali partiti: repubblicano e socialista, fronteggiarsi alle elezioni, alla viglia dei fatti che caratterizzeranno la Settimana rossa. La svolta, fatale dal punto di vista personale e politico, avviene con l’incontro del candidato socialista Filippo Spada, perché Andrea, colpita da un vero proprio e colpo di fulmine, da lì in poi subirà una sorta di conversione “al femminile” rinunciando alla lotta politica in favore di idee di fratellanza e unità, sviluppando un incredibile istinto materno e un’assoluta dedizione a Filippo, che diventerà il suo compagno.
Se da un lato delude il ripiegamento di Andrea, che da anticonformista rientra nei ranghi, dall’altro la trasformazione rappresenta l’arricchimento di una personalità fin troppo compressa in un ruolo imposto e voluto dal padre. Lo scatenarsi della dimensione affettiva, scopre un lembo di fragilità che la umanizza e la rende problematica, quindi interessante.
La scrittura è spesso straripante, carica di aggettivi e descrizioni, ma bisogna dar atto della capacità di contestualizzare i personaggi nel loro periodo storico, l’abilità di farli coincidere con i loro ideali ed evolvere nel tempo. Ne “La costola di Adamo” le battaglie politiche e ideologiche sono vive, causa di divisioni e alleanze, le istanze di Andrea e Filippo vanno di pari passo coi loro sentimenti, in un flusso che trascina con sé privato e pubblico.
Il romanzo documenta le atmosfere legate a un periodo burrascoso ma di grande vitalità, che quasi si rimpiange, soprattutto leggendo le pagine in cui si snocciolano i bei discorsi elettorali.
Eugenia Codronchi Argeli, nata a Imola nel 1865, figlia del senatore Giovanni Codronchi Argeli e Giulia Pizzoli, fu letterata, scrittrice, poetessa e pubblicista, decise di non sposarsi e di andare a convivere con l’amica e scrittrice Bianca Belinzaghi, che pubblicava con lo pseudonimo di Guido da San Giuliano, nella Villa Coccapane presso Castel San Pietro.
Eugenia pubblicò, col nom de plume di Sfinge, romanzi: “La costola di Adamo”, “L’anima gemella”, saggi come “Femminismo storico” e molte novelle.
I suoi temi sono quelli del femminile, spesso le protagoniste sono donne, si parla di divorzio, adulterio, maternità, femminismo, libertà di scelta e condizionamenti, denunciando il conformismo che alimenta luoghi comuni e stereotipi.
Se esista o meno una qualità della scrittura tipicamente femminile è difficile stabilirlo, eppure nella prefazione, il curatore Jessy Simonini ricorda che Grazia Deledda, la quale in seguito entrerà in contatto con Eugenia Codronchi, leggendo il suo primo romanzo senza averla mai incontrata, aveva scambiato Sfinge per un uomo, perché al di là dell’anticonformismo dei temi, l’autrice sembra allontanarsi dalla scrittura femminile dell’epoca per una sorta di postura, un modo di stare al mondo, un collocarsi nella propria epoca concretamente che inseriscono il suo romanzo nella tradizione manzoniana.

Di Muriel

Nata a Imola, dove forse (spero il più tardi possibile) morirò. Ho una laurea in storia dell'arte ma lavoro nel settore della formazione. Mi piace scrivere e leggere. Ho pubblicato La discarica degli acrobati sbadati (Giraldi 2011), Veduta di pianura con dame (Edizioni La meridiana 2015), Fermata al tramonto con cimitero (Augh! 2017); ho partecipato al romanzo collettivo Il libro delle vergini imprudenti (Navarra 2014); alcuni miei racconti sono apparsi in antologie e riviste, ho scritto due testi per il teatro. Ho un interesse speciale per le autrici e le loro personagge. Di recente ho scoperto di essere sia bibliomane sia bibliofila, abbinata che mi inserisce nel novero delle accumulatrici disordinate di libri e letture. Certe volte m’incuriosisce talmente tanto un’autrice che tendo a immedesimarmi nella sua storia tanto da volerla raccontare. Sarebbe difficile vivere senza le cose belle e inutili che (per me) sono: la letteratura, il cinema, il teatro e le arti visive. Con questo sito vorrei mettere ordine.